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lunedì 25 luglio 2016

Fin che la barca va...ovvero, lo zen e l'arte del non fare


Che cosa vi muove? Che cosa vi spinge a fare quello che fate? La necessità, certamente, di pagare le bollette, l'affitto o il mutuo. E poi? Se qualcuno vi pagasse comunque uno stipendio, a prescindere, cosa fareste di quello che fate? Cosa rimarrebbe?
È solo la necessità che vi muove? O anche la curiosità, o l'ambizione, o la passione?
Non avete mai la sensazione che una parte di quello che fate sia inutile? O meglio, non sembra anche voi di vivere una società dove si spendono molte energie inutilmente? Come le lampadine tradizionali, che consumano tanto e rendono poco. Non avete anche voi la sensazione che ci siano tante energie che sembrano congelate, inutilizzate, o fatte girare a vuoto?
È proprio necessario tutto questo fare?
Don Juan, il maestro scamano di Castaneda, non faceva un cavolo dalla mattina alla sera. I maestri zen meditano, leggono i testi sacri, ogni tanto curano l'orto. Socrate andava soldato quando necessario, ma per il resto passava il tempo a bighellonare per la polis, discutere con chiunque ed insidiare i giovinetti. L'unica volta che mi risulta che Gesù abbia lavorato (senza fare miracoli) è stato quando ha lavato i piedi ai discepoli. Buddha stava seduto sotto l'albero.
Siamo sicuri che tutto questo correre abbia un senso? dice Kitto, nella sua storia della Grecia classica, che se i greci hanno avuto la possibilità di inventare la filosofia, la logica, la matematica, la medicina, la retorica, di toccare le più alte vette nella scultura, nell'architettura, nella poesia, nel teatro, era anche perché avevano molto tempo libero. E il tempo libero era possibile non tanto grazie al lavoro degli schiavi, quanto al fatto che le loro esigenze vitali erano sostanzilamente minime, e dunque bastava lavorare meno per avere quello che serviva loro.
Oggi abbiamo le macchine, i pc, abbiamo internet ed i cellulari, gli aerei e tutto il resto. E corriamo corriamo. I greci studiavano la musica, la danza, il teatro: tutte cose inutili, non è vero? Tutte perdite di tempo, per noi che dobbiamo fare, brigare, produrre.
E se provassimo ad imparare dai greci? Non soltanto studiando la loro filosofia o il teorema di pitagora. Semplicemente decelerando, cominciando ad evitare di fare tutto quelle cose inutili, evitare la dispersione di energie, permettere ad altre energie di liberarsi.
Molto meno potrei parlarvi di notizie letterarie, perché vi confesso che sto in gran sospetto di perdere la cognizione delle lettere dell'abbiccì, mediante il disuso del leggere e dello scrivere. I miei amici si scandalizzano; ed essi hanno ragione di cercar gloria e di beneficare gli uomini; ma io che non presumo di beneficare, e non aspiro alla gloria, non ho torto di passare la mia giornata disteso su un sofà, senza battere una palpebra. E trovo molto ragionevole l'usanza dei Turchi e degli altri Orientali, che si contentano di sedere sulle loro gambe tutto il giorno, e guardare stupidamente in viso questa ridicola esistenza. - Giacomo Leopardi, lettera a A Fanny Targioni Tozzetti. Roma, 5 dicembre 1831.
testo tratto da: http://www.bussolon.it/blog/2008/06/lo-zen-e-larte-di-non-fare.html
immagine: http://immagini.4ever.eu/transporto/barca-in-riva-al-mare-200325